Revezora

È stato mio suocero, quando ero una ragazzina, a farmi assaggiare per la prima volta le Fugassette de mega (focaccine di mais), dei panotti fatti solo con farina di mais e acqua, messi a cuocere nei testetti di terracotta (ricordate? Quelli dei testaieu ), che qui nel Levante si consumano con ciccioli o prebuggiun (erbe di campo bollite e solitamente servite insieme alle patate).⁣

Una pietanza tanto povera quanto antica che in Liguria si può trovare un po’ ovunque, con qualche differenza di preparazione tra paese e paese.⁣

Quella che vi propongo oggi è la revezora, una focaccia tipica di Campo Ligure ( piccola perla dell’appennino alle spalle di Genova Voltri, famoso soprattutto per la filigrana), che a differenza delle Fugassette del suocero prevede l’utilizzo del lievito.⁣

Il nome deriva dal ravezo, termine che sta ad indicare il residuo di crusca che si ottiene dopo aver setacciato la farina integrale, perché probabilmente in passato veniva usato questo prodotto per la sua preparazione.⁣

In seguito, grazie a tempi di maggior benessere, si iniziò ad usare una miscela a base si farina bianca e farina di mais.⁣

La ravezora, o ravezra, è un impasto lievitato con una lavorazione simile alla focaccia genovese, anch’essa ben irrorata di olio, ma più saporita rispetto alla focaccia, e più alta e morbida…. Un’altra ricetta, invece, prevede l’utilizzo di polenta avanzata da unire all’impasto della focaccia (proverò anche questo procedimento 😊). ⁣

L’abbinamento per elezione è con la testa in cassetta (nella foto quella di Cabella, Sant’Olcese), un antico salume, tipico in Liguria e Toscana, prodotto con parti della testa del maiale, gustoso e speziato… questo matrimonio di sapori è celebrato persino durante una sagra che ha luogo a settembre. ⁣

Questi sono gli ingredienti:

  • 125 gr di farina di mais
  • 250 gr di farina tipo 1
  • 225/250 gr di acqua
  • 4 gr di lievito di birra fresco
  • un cucchiaino di malto
  • 4 gr di sale

Ho mescolato la farina di mais con metà della dose di acqua ed ho lasciato riposare mezz’ora.

Ho unito a questo composto la restante acqua con il lievito sciolto, l’olio, la farina 1 e, per ultimo, il sale, ed ho impastato con la planetaria a lungo.

All’inizio il composto si deve presentare molto morbido e appiccicoso, ma impastando a lungo deve prendere consistenza fino ad incordarsi sul gancio.

A questo punto ho formato una palla, dopo aver dato qualche piega all’impasto, e l’ho messa a lievitare in una ciotola unta e coperta fino al raddoppio (se triplica è anche meglio).

Ho ripreso l’impasto, dato ancora qualche piega e l’ho sistemato in una teglia da 24/26 cm unta (io in 2 piccole), lasciandolo riposare mezz’ora, dopo di che l’ho steso aiutandomi con i polpastrelli e l’ho lasciato lievitare nuovamente circa un’ora.

Ho formato dei buchi con le dita unte, ho irrorato con una miscela di acqua e olio, ho spolverato con fior di sale (nè grosso nè fine) ed ho infornato a 200° (statico) fino a doratura.

Provatela calda con una bella fetta di testa in cassetta o di lardo.